STEFANO BECAGLI
Psicologo Clinico e dello Sport
Mobbing: la violenza psicologica sul posto di lavoro
La
parola
Mobbing
è
utilizzata
per
indicare
l'insieme
di
azioni
e
reazioni
che
si
manifesta
in
un
contesto
di
terrorismo
psicologico
esercitato
sul
luogo
di
lavoro.
Konrad
Lorenz,
etologo,
nel
1971
fu
il
primo
a
servirsi
di
questa
parola
per
designare
l'attacco
di
un
gruppo
di
animali
ai
danni
di
un
altro simile svolto con l'obiettivo di emarginarlo ed estrometterlo dal gruppo stesso.
All'inizio
degli
anni
Ottanta
il
Prof.
Heinz
Leyman,
si
servì
del
termine
mobbing
per
descrivere
condizioni
nelle
quali
vi
sono
soprusi,
oppressioni,
forme
di
violenza
psicologica,
aggressioni
verbali
e/o
fisiche,
continuate
nel
tempo
e
che
si
manifestano
in
un
complesso
di
condotte
realizzate
ai
danni
di
superiori
o
colleghi.
I
profili
che
il
mobbing
può
prevedere
sono
molti:
dalla
banale
emarginazione
alla
divulgazione
di
dicerie,
dalla
consegna
di
compiti
squalificanti
al
compromettere
l'immagine
sociale
nei
riguardi
di
superiori
e
clienti.
Nei
gesti
più
gravi
si
giunge
anche
al
boicottaggio del lavoro e a condotte illecite.
Il
mobbing
ha
conseguenze
devastanti
sulla
persona
attaccata:
ella
viene
lesa
fisicamente
e
psicologicamente
,
compromessa
nella
sua
abilità
professionale
e
nella
sua
autostima.
La
parola
mobbing
è
ormai
di
utilizzo
comune
in
molte
lingue
e
culture.
Semplicemente
sino
a
qualche
decennio
fa
nessuno
ne
sapeva
il
senso;
nel
corso
degli
ultimi
anni
il
termine
mobbing
è
apparso
spesso
sui
vari
mezzi
di
informazione,
tanto
da
essere definita la sindrome del nuovo millennio.
La prospettiva psicologica del Mobbing
Secondo
Ege
(2001),
il
mobbing
può
essere
definito
come
la
routine
del
conflitto,
ossia
un
conflitto
caratterizzato
da
attacchi
costanti
perpetrati
con
una
certa
frequenza
e
durata.
L'avvenimento
si
presenta
appunto
solamente
quando
certe
condizioni
conflittuali
procedono
secondo
dinamiche
nelle
quali
si
innestano
meccanismi
di
imposizione,
regolarità
e
immutabilità,
e
in
cui
la
prepotenza
del
gruppo
viene
indirizzata
in
un
unico
senso
nei confronti di una persona specifica.
Nel
mobbing,
come
in
un
conflitto
bellico,
se
per
tutelare
la
pace
è
indispensabile
la
cooperazione
di
ambo
le
parti,
per
combattere
è
necessaria
unicamente
il
proposito
di
solo
una
delle
due.
Il
risultato
è
che
una
delle
due
possa
trovarsi
in
conflitto
senza
accorgersene.
La
vittima
è
nella
maggioranza
dei
casi
ignora
il
complotto
ai
suoi
danni
perché
le
tecniche
mobbizzanti
sono
infide
e
velate.
L'individuo
che
le
patisce
ha
una
grande
complessità
nel
capire
cosa
gli
sta
succedendo.
Le
azioni
possono
essere
palesi
e
violente,
quando
ci
sono
aggressioni
verbali
e
fisiche,
urla,
commenti
palesi
alla
sfera
sessuale
o
privata;
sottili
e
silenziose
quando
si
verifica
l'isolamento
della
vittima
e
l'esclusione
dal
gruppo;
disciplinari
se
la
vittima
riceve
lettere
di
richiamo
ingiustificate;
logistiche
quando
il
lavoratore
è
trasferito
in
una
sede
periferica,
lontana,
scomoda
e
lantana
dai
suoi
affetti;
mansionali
quando
alla
vittima
si
danno
compiti
svolgere
al
di
sotto
delle
sue
mansioni
lavorative;
paradossali,
quando
alla
vittima
si
danno
da
svolgere
compiti
al
di
sopra
delle
sue
competenze
e
in
questo
caso
è
ipotizzabile
che
la
vittima
non
lo
sappia
fare
e
sia
quindi
messa
in
una condizione oggettiva di sbagliare (Gilioli e Gilioli, 2000).
Nel
Mobbing,
come
accade
in
battaglia
vi
sono
fondamentalmente
due
parti
in
contrasto
che
si
affrontano,
qualunque
siano
gli
individui
e
le
tattiche.
Quindi
anche
nel
Mobbing
un
ruolo
di
rilievo
è
svolto
dalle
terze
persone
che
presenziano
all'evento:
i
cosi
definiti
spettatori.
Nemmeno
uno
degli
eventi
di
Mobbing
può
rimanere
inosservato
da
tali
spettatoti:
la
sua
forza
è
esageratamente
densa
per
non
essere
avvertita
in
nessuna
maniera.
Di
fatto,
pure
gli
spettatori
del
Mobbing
ne
sono
interessati:
possono
fare
da
puro
contorno
o
sostenere
pubblicamente
una
delle
due
parti.
Tali
individui
vengono
definiti
rispettivamente
con
i
termini
di
co-mobber
(quelli
che
assecondano
e
fortificano
le
gesta
dei
mobber)
e
di
side-
mobber
che
sono
gli
individui
più
creative
che
non
si
fermano
a
sostenere
i
comportamenti
mobbizzanti,
piuttosto
ne
compiono
a
loro
volta
di
nuovi.
Le
ragioni
per
cui
un
mobber
opta
per
cominciare
una
battaglia
sul
lavoro
sono
i
più
disparati:
per
sete
di
carriera,
per
rancore,
per
divertimento, per contrasti caratteriali, per aspirazione; e tanti altre.
Continuando
con
la
similitudine
con
la
battaglia,
si
può
scorgere
una
analogia
fra
tutte
le
ipotizzabili
ragioni
del
Mobbing:
ridurre
l'altro
alla
completa
incapacità
di
nuocere,
vale
a
dire
indurlo
ad
uno
stato
di
debolezza
e
inoffensività.
In
tale
condizione
l'aggressore
può
concedersi
di
comportarsi
e
operare
come
predilige.
Nella
battaglia
sul
lavoro
la
posizione
meno
vantaggiosa
è
la
totale
inadeguatezza
a
ribellarsi
e
tutelarsi.
Pervenuto
a
questo
punto
il
mobbizzato
è
in
balìa
della
più
assoluto
sconforto
e
solitamente
è
incline
a
malattie
psicosomatiche
e
crisi
depressive.
Il mobber conquista il suo successo: la vittima si dimette dal posto di lavoro.
Pure
il
Mobbing
come
la
battaglia
reale,
non
si
origina
del
niente,
non
è
in
nessun
caso
un
evento
singolo,
separato
dal
contesto
di
incertezza
e
di
squilibrio
o
da
una
serie
di
gesti
ostili
che
permangono
per
diverso
tempo
e
si
protraggono
con
una
determinata
ripetitività.
Sussiste
un'altra
peculiarità
analoga
tra
la
battaglia
reale
e
quella
sul
luogo
di
lavoro:
tutte
e
due
non
sono
fatte
solo
di
gesti,
bensì
anche
di
interruzioni
e
sospensioni.
Nel
Mobbing
gli
intervalli
sono
parecchio
assidui
per
il
motivo
che
permettono
al
mobber
di
assicurarsi
delle
conseguenze
dei
suoi
attacchi.
Gli stadi del Mobbing
Il
Mobbing
non
è
una
condizione
ferma,
bensì
è
un
andamento
in
costante
trasformazione.
Ege
fu
il
primo
ha
far
conoscere
questa
tematica
in
Italia
e
ha
prodotto
alcune
modifiche
al
modello
base
di
Leymann
(che
prevede
4
fai)
per
renderlo
maggiormente
fruibile
per
la
realtà
lavorativa
del
nostro
Paese.
Tale
modificazione
si
è
resa
opportuna,
non
perché
il
modello
fosse
sbagliato,
ma
per
il
fatto
che
alcuni
connotati
della
realtà
italiana
si
distanziavano
molto
dalla
realtà
sociale
svedese
per
la
quale
era
nato
il
modello.
Il
modello
italiano
di
Ege
è
costituito
da
6
stadi
di
Mobbing,
connesse
razionalmente
fra
loro
e
anticipate
da
una
specie
di
pre-stadio
chiamato
"condizione
zero"
che
non
è
ancora
Mobbing
bensì
ne
rappresenta il fondamentale punto di partenza.
Condizione zero
Si
tratta
di
un
pre-stadio
generalmente
presente
in
Italia
tuttavia
non
noto
alla
cultura
del
Nord
Europa:
il
conflitto
fisiologico,
normale
e
acconsentito.
Una
classica
azienda
italiana
è
conflittuale.
E'
un
conflitto
generalizzato,
nel
quale
lo
scontro
avviene
in
una
battaglia
tra
tutti
contro
tutti e senza una vittima designata: litigi, accuse reciproche, polemiche.
Il primo stadio: il conflitto mirato
Si
distingue
una
vittima
e
nei
suoi
confronti
si
indirizza
la
conflittualità
generale.
Il
conflitto
fisiologico
assume
una
rotta,
lo
scopo
è
quello
di
annullare l'avversario, il conflitto non è più oggettivo e circoscritto bensì si dirige verso temi privati.
Il secondo stadio: l’avvio del Mobbing
Gli
attacchi
da
parte
del
mobber
non
sortiscono
ancora
sintomi
o
malattie
di
tipo
psico-somatico
sulla
vittima,
però
tuttavia
le
suscitano
un
senso
di
fastidio e disagio.
Il terzo stadio: insorgenza sintomi
La
vittima
inizia
a
manifestare
disagi
di
salute
e
tale
condizione
può
allungarsi
per
diverso
tempo.
Tali
primi
sintomi
interessano
solitamente
un
senso di inadeguatezza, incertezza, disturbi del sonno, e disturbi all'apparato digerente.
Il quarto stadio: sbagli ed abusi dell’Amministrazione del Personale
Il
caso
Mobbing
diventa
popolare
e
di
frequente
viene
spianato
degli
sbagli
di
valutazione
compiuti
dall'Ufficio
del
Personale.
Diventano
più
assidue
le assenze per malattia, l'Amministrazione del Personale si allarma, comincia a sondare e spedisce richiami disciplinari alla vittima.
Il quinto stadio: importante peggioramento della salute psico-fisica della vittima
Il
mobbizzato
entra
in
una
situazione
di
reale
sconforto,
di
frequente
soffre
di
forme
depressive
più
o
meno
pesanti
e
si
cura
con
l'ausilio
di
terapie
e
psicofarmaci,
che
hanno
solamente
un
risultato
palliativo
in
quanto
le
difficoltà
sul
luogo
di
lavoro
non
solo
permane,
bensì
è
propensa
peggiorare.
Gli
sbagli
da
parte
dell'amministrazione
sono
solitamente
originati
dall'assenza
di
nozioni
del
fenomeno
Mobbing
e
delle
sue
peculiarità;
tanto
è
vero,
i
provvedimenti
adottati
sono
nocivi
per
la
vittima,
dato
che
si
convincerà
di
essere
essa
stessa
la
causa
di
tutto
e
di
vivere
in un contesto di prevaricazioni dove non può reagire e piombando maggiormente nella depressione.
Il sesto stadio: esclusione allontanamento dal mondo lavorativo
Tale
stadio
comporta
l'allontanamento
della
vittima
dal
mondo
del
lavoro
per
mezzo
di
dimissioni
volontarie,
licenziamento,
appello
al
pre-
pensionamento
e
pure
a
risultati
traumatici
quali
il
togliersi
la
vita,
la
maturazione
di
malattie
ossessive,
l'omicidio
o
la
vendetta
nei
confronti
del
mobber.
Il doppio Mobbing
Ege
ha
accertato
in
Italia
una
condizione
che
viene
definita
doppio
Mobbing.
Tale
manifestazione
è
connessa
alla
parte
fondamentale
che
la
famiglia
svolge
nella
società
italiana.
In
Italia
il
rapporto
tra
persone
e
famiglia
è
molto
grande.
La
vittima
di
una
condizione
di
Mobbing
propende
a
rintracciare
sostegno
e
suggerimenti
all'interno
delle
mura
domestiche.
Qui
esprimerà
la
sua
collera,
la
sua
inquietudine
o
la
depressione
che
ha
immagazzinato
nel
corso
delle
giornata
lavorativa.
E
la
famiglia
farà
propria
immancabilmente
tutta
tale
negatività,
tentando
di
esentare
dal
suo
membro
in
difficoltà,
sostegno,
disponibilità,
protezione
dalle
difficoltà:
la
crisi
causerà
inevitabilmente
una
mancanza
di
equilibrio
dei
legami,
ma
la
famiglia
possiede
più
capacità
del
singolo
e
sarà
in
grado
di
bloccare
il
crollo.
Il
Mobbing
non
è
un
semplice
conflitto,
un
momento
di
difficoltà
che terminerà nel più breve tempo possibile.
Il
Mobbing
è
una
tortura
continua
fatta
di
mortificazioni,
soprusi,
vessazioni
che
si
protrae
nel
tempo,
e
alla
lunga
è
devastante.
La
vittima
diffonde
il
proprio
disagio
al
partner,
ai
figli,
ai
genitori,
nella
maggior
parte
dei
casi
per
molto
tempo.
Lo
struggimento
colpisce
la
famiglia
che
si
difenderà
per
un
dato
lasso
di
tempo
fino
a
che
le
forze
non
finiranno
e
anche
lei
dà
inizio
al
crollo:
la
famiglia
è
colma.
Se
ciò
accade
la
condizione
della
vittima di Mobbing precipita.
La
famiglia
protettrice
muta
comportamento,
smettendo
di
aiutare
la
vittima
e
iniziando
a
difendersi
dall'impeto
demolente
del
Mobbing.
La
vittima
diventa
un
pericolo
per
la
perfezione
e
la
salute
della
base
della
famiglia,
che
adesso
bada
a
difendersi
prima,
ed
a
reagire
dopo.
Sicuramente
si
tratta
di
un
andamento
inconscio:
nessun
componente
sarà
cosciente
di
non
sostenere
più
il
familiare.
Il
doppio
Mobbing
è
la
condizione in cui la vittima è colpita sul luogo di lavoro e in aggiunta espropriata della disponibilità e del sostegno della famiglia.
Bibliografia
•
Ege, H.(1999). Tutti i numeri del Mobbing. Bologna: Pitagora
•
Gilioli, A. & Gilioli, R. (2000). Cattivi Capi, Cattivi Colleghi. Milano: Mondadori
•
Leymann, H. (1998). The Mobbing Encyclopedia
STUDIO MILANO 3
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